INESISTENZA DI UNO SCRITTO
DI GIURISPRUDENZA ATTRIBUIBILE ALL’IMAM JA’FAR
Nell'immagine: denaro alla tomba di Khomeyni
Presso gli sciiti non esiste uno scritto nel campo del fiq
dell’imam Ja’far, od anche una raccolta dei suoi studenti, od un libro che i
credenti abbiano tramandato fino ai giorni nostri.
Tutto quello che gli è stato attribuito sono in realtà
scritti risalenti a centinaia di anni dalla sua morte, senza una catena di
trasmissione affidabile.
Questo non è il caso dei sapienti delle scuole islamiche, i
quali hanno lasciato scritti e raccolte, ad esempio:
L’imam Abu Hanifa, ci ha lasciato il suo “Musnad” negli
hadith, e nel campo della giurisprudenza suoi allievi come Al-Kadi, Abu Yusuf e
Muhammad Bin Hasan Al-Shaybani, si sono impegnati a scriverla e tramandarla.
L’imam Malik Bin Hanas ha scritto nella giurisprudenza ed
hadith nel suo “Al-Muwata’a”.
L’imam As-Shafi’i, viene considerato il fondatore della
scienza che si occupa dello studio delle basi del fiq con il suo “Al-Risala”, ed
inoltre ci ha lasciato il “Musnad” negli hadith, ed “Al-Umm” nella
giurisprudenza.
L’imam Ahmed Bin Hanbal, ci ha lasciato la sua raccolta di
hadith “Al-Musnad”, mentre la giurisprudenza è stata preservata e scritta da
suoi due allievi conosciuti, l’imam Al-Khallal e l’imam Zayd Bin Ali.
Invece l’unico testo considerato affidabile dagli sciiti,
nel campo delle narrazioni legate a questioni giuridiche è “Al-Kafi” di
Al-Kulayni, morto nel 329H, ben 180 anni dalla morte dell’imam Ja’far!
E dopo quello di Al-Kulayni, il libro “Man La Yahdoroho Al-Faqih”
di Al-Qummi, morto nel 381H, quindi 230 dalla morte dell’imam!
LE QUATTROCENTO BASI
Riguardo gli scritti dei loro imam, tutto quello a cui i
sapienti sciiti possono attaccarsi, è la credenza che essi siano realmente
esistiti.
Questi scritti, dettati dai loro imam ai seguaci e
trascritti direttamente o dopo generazioni, sarebbero stati ben quattrocento,
rappresentando le basi “Al-Usul” del fiq jafarita.
Ma che fine hanno fatto questi quattrocento testi? Che cosa
è rimasto al giorno d’oggi?
Gli sciiti rispondono che sono tutti andati perduti, è non è
rimasta che qualche traccia in libri successivi.
Peccato! Almeno si poteva analizzarli ed indagarne la
provenienza, ma così che possiamo fare?
Ayatollah Ja’far Al-Subhani, nel libro“Adwar Al-Faqih
Al-Imami”, si scusa dello smarrimento,
dicendo: “Per il fatto che questi scritti non avevano un ordine preciso,
essendo, per la maggior parte, dettati degli imam durante diversi incontri e
risposte a svariate questioni, sono stati successivamente riportati ed ordinati
dai raccoglitori, che li hanno inclusi in specifici capitoli. Particolarmente
nei quattro libri di hadith. Questo per facilitarne lo studio e la
consultazione. Ma siccome, in seguito, sono stati riconosciuti come parte integrante
di questi libri, è diminuito l’interesse nel catalogarli e proteggerli in
specifici testi”. (Pg.34)
Continua: “Al-Sayyed Radi Al-Din Ali Ben Tawus, morto nel
664H, disse: Mio padre mi disse che nell’incontro con Abul Hasan, venne un
gruppo di suoi parenti e compagni con delle tavole, per trascrivere ogni sua
parola riguardante le varie questioni giuridiche”.
Chi, per scrupolo, controllasse la data di morte di Ali Ben
Tawus e quella di Abul Hasan, troverebbe più di quattro secoli di distanza!
Allora dove è la catena di trasmissione di questo hadith?
Almeno si fosse trattato di un banale evento o di una
questione minore di fiq, si sarebbe potuto chiudere un occhio, ma questa
narrazione è legata alla prova della presunta esistenza di quattrocento testi
di fiq scomparsi!
Sempre l’ayatollah Al-Subhani cita la seguente prova: “Il
nostro Sheikh Baha’a Ad-Din Al-Amili, nel libro “Mashriq Al-Shamsain” scrisse:
I nostri sheikh ci dissero che i compilatori dei libri “Al-Usul” si
affrettavano a trascrivere ogni hadith che sentivano dagli imam, per
assicurarsi che non venisse dimenticato o perso, nel corso del tempo, e lo
stesso afferma anche Sayyed Al-Danad nel “Rawashih”.
Poi, sempre dalla stessa fonte, vengono riportate prove
simili, di altri celebri studiosi, che hanno sostenuto questo, come Al-Tubrusi,
Al-Hilli, Al-Shahid Al-Thani.
Ma come si può portare come prova le dichiarazioni di
persone che non hanno visto una riga di questi scritti, e che hanno vissuto a
secoli di distanza dagli imam?
Il massimo cui l’autore riesce a spingersi è narrare come Sayyed
Muhammad Al-Hujjah Al-Kuwah sia riuscito ad estrarre e stampare sedici di
queste basi dal libro “Kashf Al-Hujjah” di Radi Ad-Din Ben Tawus.
Ma anche volessimo prendere per buone le dichiarazioni di
Al-Kuwah, la percentuale del trovato rimarrebbe del 4%.
Inoltre è bene tener presente che secondo gli stessi sciiti,
la più autentica raccolta di hadith, nella quale sarebbero state trascritte
queste basi, è “Al-Kafi” di Al-Kulayni; un libro con più del 60% di hadith tra
il fabbricato ed il debole, come testimoniano Al-Majlisi ed altri eminenti
sapienti sciiti!
UN PARADOSSO
Prima di passare al seguente capitolo, vorrei soffermarmi su
un curioso paradosso.
Quando confrontiamo le diverse scuole giuridiche islamiche,
come la hanafita, malikita, shafiita, hanbalita, zaydita con quella sciita
jafarita, troviamo un patrimonio protetto di testi del fondatore, tranne nel
caso della jafarita, nonostante sostengano ci siano stati ben 12 imam,
occupanti lo spazio di almeno tre secoli.
Come può un singolo imam lasciare molti libri e 12 imam non
lasciare traccia?
E se questi libri sono realmente andati perduti, come è potuto
accadere a 12 imam in successione?
E’ sicuramente un caso singolare nella storia islamica, mai
accaduto ai sapienti di altre scuole.
Ed infine, come possono essi pretendere che neghiamo le
nostre dottrine, con radici e catene di trasmissione continue ed accertate, con
libri scritti dagli stessi fondatori, per accogliere per buona una dottrina che
si appoggia su miti fantastici, senza nessuna certezza.
Articolo pubblicabile
riportando la fonte :http://studiamolashia.blogspot.com/